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domingo, julho 27, 2008

NO DEBATE ENTRE MAQUIAVEL E GUICCIARDINI, MUITA COISA PODE SER ÚTIL PARA O ENTENDIMENTO DA COISA PÚBLICA. UMA DELAS É QUESTÃO DA CALÚNIA. OS ATUAIS GOVERNANTES USARAM E ABUSARAM DE RECURSOS ENVIEZADOS CONTRA SEUS OPONENTES. HOJE NO PODER, EXPERIMENTAM O PRÓPRIO VENENO, EMBORA NÃO TENHAM PERDIDO (SOBRETUDO SEUS TOLOS SEGUIDORES) O COSTUME DE CALUNIAR TODOS OS CRÍTICOS DOS QUE EXERCEM CARGOS QUE LHES TRAGAM BENESSES. SE ALGUÉM CRITICA OS GOVERNANTES DO PT, RECEBE NA HORA O EPÍTETO DE "TUCANO". COISA DE SEITAS, FACÇÕES. MAS NADA QUE TENHA RELAÇÃO COM A RES PUBLICA.
BOA LEITURA E BOM PROVEITO!
RR


1-8 MACHIAVELLI

[Quanto le accuse sono utili alle republiche, tanto sono perniziose le calunnie.]

Non ostante che la virtù di Furio Cammillo, poi ch'egli ebbe libera Roma dalla oppressione de' Franciosi, avesse fatto che tutti i cittadini romani, sanza parere loro torsi riputazione o grado, cedevano a quello; nondimanco Manlio Capitolino non poteva sopportare che gli fusse attribuito tanto onore e tanta gloria; parendogli, quanto alla salute di Roma, per avere salvato il Campidoglio, avere meritato quanto Cammillo; e, quanto all'altre belliche laude, non essere inferiore a lui. Di modo che, carico d'invidia, non potendo quietarsi per la gloria di quello, e veggendo non potere seminare discordia infra i Padri, si volse alla Plebe, seminando varie opinioni sinistre intra quella. E intra le altre cose che diceva, era come il tesoro il quale si era adunato insieme per dare ai Franciosi, e poi non dato loro, era stato usurpato da privati cittadini; e, quando si riavesse, si poteva convertirlo in publica utilità, alleggerendo la Plebe da' tributi, o da qualche privato debito. Queste parole poterono assai nella Plebe; talché cominciò a avere concorso, ed a fare a sua posta dimolti tumulti nella città: la quale cosa dispiacendo al Senato, e parendogli di momento e pericolosa, creò uno Dittatore, perché ci riconoscesse questo caso, e frenasse lo empito di Manlio. Onde è che subito il Dittatore lo fece citare, e condussonsi in publico all'incontro l'uno dell'altro; il Dittatore in mezzo de' Nobili, e Manlio nel mezzo della Plebe. Fu domandato Manlio che dovesse dire, appresso a chi fusse questo tesoro ch'e' diceva, perché n'era così desideroso il Senato, d'intenderlo, come la Plebe: a che Manlio non rispondeva particularmente; ma, andando sfuggendo, diceva come non era necessario dire loro quello che si sapevano: tanto che il Dittatore lo fece mettere in carcere. È da notare, per questo testo, quanto siano nelle città libere, ed in ogni altro modo di vivere, detestabili le calunnie; e come, per reprimerle, si debba non perdonare a ordine alcuno che vi faccia a proposito. Né può essere migliore ordine, a torle via, che aprire assai luoghi alle accuse; perché, quanto le accuse giovano alle republiche, tanto le calunnie nuocono: e dall'una all'altra parte è questa differenza, che le calunnie non hanno bisogno né di testimone né di alcuno altro particulare riscontro a provarle, in modo che ciascuno e da ciascuno può essere calunniato; ma non può già essere accusato, avendo le accuse bisogno di riscontri veri e di circunstanze che mostrino la verità dell'accusa. Accusansi gli uomini a' magistrati, a' popoli, a' consigli; calunnionsi per le piazze e per le logge. Usasi più questa calunnia dove si usa meno l'accusa, e dove le città sono meno ordinate a riceverle. Però, un ordinatore d'una republica debbe ordinare che si possa in quella accusare ogni cittadino, sanza alcuna paura o sanza alcuno rispetto; e fatto questo, e bene osservato, debbe punire acremente i calunniatori: i quali non si possono dolere quando siano puniti, avendo i luoghi aperti a udire le accuse di colui che gli avesse per le logge calunniato. E dove non è bene ordinata questa parte, seguitano sempre disordini grandi: perché le calunnie irritano, e non castigano i cittadini; e gli irritati pensano di valersi, odiando più presto, che temendo, le cose che si dicano contro a loro. Questa parte, come è detto, era bene ordinata in Roma; ed è stata sempre male ordinata nella nostra città di Firenze. E come a Roma questo ordine fece molto bene, a Firenze questo disordine fece molto male. E chi legge le istorie di questa città, vedrà quante calunnie sono state in ogni tempo date a' suoi cittadini, che si sono adoperati nelle cose importanti di quella. Dell'uno dicevano, ch'egli aveva rubato i danari al Comune; dell'altro, che non aveva vinta una impresa per essere stato corrotto; e che quell'altro per sua ambizione aveva fatto il tale ed il tale inconveniente. Di che ne nasceva che da ogni parte ne surgeva odio: donde si veniva alla divisione, dalla divisione alle sètte, dalle sètte alla rovina. Che se fusse stato in Firenze ordine d'accusare i cittadini, e punire i calunniatori, non seguivano infiniti scandoli che sono seguiti; perché quelli cittadini, o condannati o assoluti che fussono, non arebbono potuto nuocere alla città, e sarebbeno stati accusati meno assai che non ne erano calunniati, non si potendo, come ho detto, accusare come calunniare ciascuno. Ed intra l'altre cose di che si è valuto alcun cittadino per venire alla grandezza sua, sono state queste calunnie: le quali venendo contro a cittadini potenti che all'appetito suo si opponevano, facevono assai per quello; perché, pigliando la parte del Popolo, e confermandolo nella mala opinione ch'egli aveva di loro, se lo fece amico. E benché se ne potessi addurre assai esempli, voglio essere contento solo d'uno. Era lo esercito fiorentino a campo a Lucca, comandato da messer Giovanni Guicciardini, commessario di quello. Vollono o i cattivi suoi governi o la cattiva sua fortuna che la espugnazione di quella città non seguisse: pure, comunque il caso stesse, ne fu incolpato messer Giovanni, dicendo com'egli era stato corrotto da' Lucchesi: la quale calunnia sendo favorita dagl'inimici suoi, condusse messer Giovanni quasi in ultima disperazione. E benché, per giustificarsi, e' si volessi mettere nelle mani del Capitano; nondimeno non si potette mai giustificare, per non essere modi in quella republica da poterlo fare. Di che ne nacque assai sdegni intra gli amici di messer Giovanni, che erano la maggior parte degli uomini grandi ed infra coloro che desideravano fare novità in Firenze. La quale cosa, e per questa e per altre simili cagioni, tanto crebbe che ne seguì la rovina di quella republica. Era adunque Manlio Capitolino calunniatore, e non accusatore; ed i Romani mostrarono, in questo caso appunto, come i calunniatori si debbono punire. Perché si debbe farli diventare accusatori; e quando l'accusa si riscontri vera, o premiarli o non punirli: ma quando la non si riscontri vera, punirli, come fu punito Manlio.

1-8 GUICCIARDINI

[Quanto le accuse sono utili alle republiche, tanto sono perniziose le calunnie.]

È vera conclusione che le calunnie sono detestabili, ma tanto naturale in una cittá libera, che è difficile e forse impossibile el levarle; perché quando nasce uno carico falso contro a uno cittadino, che può nascere per malignitá di chi ne è autore ed anche per errore, come si può provedere che non si allarghi nella moltitudine, la quale è piú inclinata a credere el male che el bene? Ed anche non mancano molti che per odio o per invidia fomentino questi romori; e però a Roma nella quale la via dello accusare era sí facile e larga, quanti furono e' carichi dati falsamente a' cittadini? In esemplo ci è Fabio Massimo e molti altri, né si può sempre accusare o punire chi calunnia a torto, né si può altrimenti che per scrittura formare modo di republica che proveda cosí prontamente a tutti e' disordini. Però in ogni popolo libero fu e sará sempre abondanzia di calunniatori; basta che le calunnie false col tempo e con la veritá si spengono spesso per sé stesse. Né lo sdegno di essere calunniato traporterá mai uno cittadino grave a fare disordine contro alla republica, e se bene ará sdegno contro a chi pensa che sia stato autore della calunnia, ha anche sdegno e molto maggiore contro a chi l'ha accusato falsamente. Ma questi sdegni particulari non fanno mai disordine importante in una cittá che per altro sia bene regolata; come neanche fanno le calunnie, le quali quando sono scandolose, come fu quella di Manlio Capitolino che tendeva a sollevare la plebe contro al senato, si opprimono; se non sono scandolose si lasciano andare, perché da sé medesime caggiono. E lo esemplo di Cosimo, figurato nel Discorso suo sanza nominarlo, è uno sogno; perché a lui aperse la via alla grandezza non le calunnie, ma la prudenzia, e principalmente la ricchezza eccessiva, con le quali, essendo el governo di Firenze disordinatissimo e pieno per sua natura di sedizione, gli fu facile corrompere e' cittadini, e, fomentando le divisione della cittá, camminare, col farsi capo di una parte, alla tirannide. E perché questa materia a provare la conclusione del Discorso è stretta di esempli, fu mendicato quello di messer Giovanni Guicciardini; el quale è vero che fu calunniato ingiustamente, e che per essere e' giudíci disordinati non ebbe modo per mezzo di quegli giustificare la innocenzia sua, ancora che ne facessi ogni opera, insino a rapresentarsi volontariamente in carcere; ma dalla calunnia sua non nacque le divisione della cittá, né da questo si augumentorono, anzi pel contrario le discordie de' cittadini fomentorono e feciono di piú momento questo caso suo, che per lo ordinario non sarebbe stato.

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